Fermiamo Windows Vista

In questi giorni, la Free Software Foundation (FSF) ha lanciato una campagnia contro la diffusione di Microsoft Windows Vista chiamata Bad Vista. Questa è solo una delle innumerevoli iniziative di questo tipo intraprese in tutto il mondo da volontari di ogni provenienza (vedi ad esempio “Occhio a Vista”) ma è di gran lunga la più autorevole perchè proviene dalla comunità che ha dato vita al movimento Open Source.

26 May 2007

SENTENZA PAOLINI: IL TERZO POTERE(DEI GIUDICI) BACCHETTA IL QUINTO POTERE (DELLA TV)

SENTENZA PAOLINI: IL TERZO POTERE(DEI GIUDICI) BACCHETTA IL QUINTO POTERE (DELLA TV)

LA RAI, IN UN MONOPOLIO DI FATTO DEI MEDIA MEN, NON GARANTISCE IL LIBERO E
DEMOCRATICO ACCESSO DI TUTTI I CITTADINI ALLA CREAZIONE DEI SUOI PALINSESTI

Il giudice Gennaro Francione, già noto come autore della sentenza anticopyright(assolse 4 venditori extracomunitari di cd contraffatti per stato di necessità(fame) prendendo a spunto la diffusione libera dell'arte e cultura in Internet con Napster), ha emesso in data 13 aprile 2007 sentenza di assoluzione di Gabriele Paolini, noto inquinatore televisivo, incriminato per aver disturbato 4 collegamenti esterni in diretta del TG RAI.

Il giudice di Roma, accogliendo le tesi del P. M. Gianluca Mazzei, ha affermato che Paolini è scriminato perché i fatti sono stati commessi in presenza di una causa di giustificazione ai sensi dell'art. 51 c. p., per aver legittimamente esercitato il suo diritto di libera espressione del proprio pensiero (articoli 2, 3 e 21 della Costituzione).

Paolini avrebbe operato, dunque, come giornalista libero e disancorato, manifestando un sacrosanto diritto di critica verso un noto giornalista televisivo e verso i parlamentari, ma soprattutto agendo in nome dell'invocato diritto che ogni cittadino ha di parlare e manifestarsi usando il media televisivo.

A far da maestro è ancora Internet dove chiunque può
fare il suo giornale e dire la sua come nel caso dei siti Web 2.0 che si rivolgono a ogni utente, in modo che possa essere lui stesso creatore e popolatore del sito.

Il giudice sottolinea che il giornalista televisivo operante in strada deve accettare le intrusioni alla Paolini “perché sono esse stesse cronaca in diretta di quanto avviene tra la gente, che spesso anzi utilizza quelle dirette per dire la propria nel bene (esultanze in occasione di gare sportive ad es.) e nel male (con striscioni, grida, slogan per contestare un avvenimento direttamente o indirettamente connesso a quanto nel resoconto del cronista vien detto)".

La sentenza, assai raffinata e dotta (con richiami quanto alle incursioni di Paolini ai giullari medievali, ai futuristi, ai situazionisti, a Andy Warhol, a Guy Debord), ricorda anche i moniti ai media televisivi rivolti dalla Commissione di vigilanza servizi radiotelevisivi la quale, nel "Documento di indirizzo sul pluralismo (1997), evidenzia la necessità di garantire ai cittadini un'informazione non solo passiva a 360°, ma anche attiva contribuendo direttamente alla creazione dei palinsesti televisivi.

Ciò è tanto più vero per la RAI che è televisione del popolo il quale paga un canone e ha un "diritto reale di accesso che si esprime soprattutto come diritto a non essere esclusi dall'informazione attiva".

La nuova sentenza è stata già ribattezzata, in linea con quella anticopyright, sentenza della tv-sferica, sottolineando che la RAI ha ancora struttura burocratico-piramidale e non sferica come richiesto dalla Commissione di vigilanza, il che crea monopolio e accentramento di poteri in mano a pochi media men, con esclusione delle masse dalla gran torta televisiva.

Gongoleranno gli artisti, gli intellettuali, i giornalisti, i professori,
gli opinionisti etc. immotivatamente esclusi dal tubo catodico dei media forti, improntato alla visibilità reiterata e martellante delle solite poche facce, a scapito di una megarotazione delle intelligenze, questa sì realmente democratica e conforme a Costituzione.

Ed è così che grazie a questa sentenza l’heckler Paolini diventa un Robin Hood massmediale, espressione del cittadino illegittimamente escluso dal Quinto Potere.

GIGI TRILEMMA

La sentenza è stata pubblicata da STUDIO CELENTANO il 21 maggio 2007 in "Giudice anticopyright assolve Paolini"

http://studiocelentano.it/a.asp?id=1070

Per il full text del provvedimento clicca su

http://studiocelentano.it/contents/210507.pdf

19 March 2007

Le mani sulla TV digitale

Le Mani sulla Televisione Digitale
Nei giorni scorsi, la Electronic Frontier Foundation ha rilasciato un attesissimmo rapporto sullo stato del progetto DVB. Questo rapporto ci permette di capire quali siano le minacce che aleggiano sul mondo della televisione digitale e di altre tecnologie affini.
Il Progetto DVB
DVB sta per “Digital Video Broadcasting”, cioè “Televisione Digitale”. La televisione digitale è destinata a diventare, per legge, l'unico modo di trasmettere programmi televisivi in Italia dal Dicembre 2008 (e, in momenti diversi, in tutta Europa ed in USA). Sia la televisione satellitare, sia la televisione digitale terrestre, sia la televisione via cavo, sia la televisione via Internet, sia la televisione su dispositivi mobili utilizzano infatti un protocollo di trasmissione digitale del segnale.
Gli standard necessari vengono sviluppati da un consorzio chiuso di aziende chiamato DVB Project. Il consorzio DVB raccoglie oltre 260 aziende di tutto il mondo e definisce gli standard per la trasmissione digitale di audio e video sui sistemi della prossima generazione. Gli standard che il DVB Project ha sviluppato sono i seguenti.
DVB-S ("Satellite"): standard usato per la televisione via satellite
DVB-C ("Cable"): standard usato per la televisione via cavo
DVB-T ("Terrestrial"): standard usato per la televisione digitale terrestre
DVB-H ("Handheld"): standard usato per la televisione su sistemi mobili (telefoni cellulari ed affini)
Ciò che questo consorzio decide, nel chiuso delle sue riunioni tra aziende, è già adesso legge per chiunque voglia trasmettere o ricevere segnali audio e video digitali nel mondo, semplicemente perchè gli strumenti tecnici prodotti da queste aziende rispondono a questi standard ed a nient'altro. Queste 260 aziende rappresentano la stragrande maggioranza dei produttori mondiali per cui, di fatto, il consorzio definisce standard di portata globale a cui è impossibile sottrarsi. Come vedremo nel seguito di questo documento, persino nella remota ipotesi che un produttore indipendente decidesse di opporsi a questo dominio, lo standard definito dal DVB Project prevede strumenti e tecniche adatti a rendere la sua ribellione del tutto inutile.
EFF e il DVB Project
La Electronic Frontier Foundation si è iscritta al consorzio DVB, pagando la quota di iscrizione di 10.000 euro, ed ha partecipato alle sedute. La possibilità di divulgare informazioni è pesantemente limitata dalle clausole del contratto di adesione al consorzio per cui la EFF non può, legalmente, divulgare le informazioni di dettaglio che riguardano questo consorzio, il suo modo di lavorare, le posizioni delle diverse aziende che ne fanno parte ed il loro voto. Tuttavia, la EFF ha potuto pubblicare un rapporto di massima su ciò che il DVB Project sta preparando.
Il Progetto CPCM
Ciò che il DVB Project sta studiando, sin dal 2003, è qualcosa che non piacerà agli “spettatori” europei ed italiani. Questo qualcosa si chiama CPCM, cioè “Content Protection and Copy Management”.
Questo standard permetterà ai produttori di programmi televisivi di imporre le seguenti limitazioni.
NOTA: Per quanto folli e vessatorie possano sembrare queste limitazioni, sono comunque reali. Non stiamo delirando e non ci siamo inventati nulla. Potete controllare voi stessi leggendo le fonti che elenchiamo in calce a questo documento.
Divieto di registrazione. Questo standard permette di vietare la registrazione di un programma televisivo attraverso il sintonizzatore TV. Non potranno più essere registrati i film, i telefilm od altri programmi televisivi, né su cassetta, né su CD o DVD, né su disco fisso. Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Divieto di copia. Questo standard permette di vietare la creazione di copie di un CD o DVD. Non potranno più essere create copie di film, di telefilm od altri programmi televisivi, né su cassetta, né su CD o DVD, né su disco fisso, nemmeno per uso personale o per backup. Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Divieto di trasferimento. Questo standard permette di vietare il trasferimento di un programma televisivo attraverso una rete di computer, ad esempio dal sintonizzatore TV che si trova in salotto al display del laptop che si trova in camera da letto. Questo standard permette di vietare la fruizione del programma televisivo fuori da una certa nazione, grazie ad un apposito marcatore digitale inserito nei dispositivi (simile al codice regionale dei DVD ma, a diferenza di esso, assolutamente non aggirabile). Questo standard permette anche di vietare la fruizione del programma televisivo fuori da un determinato locale, ad esempio il salotto di casa, grazie ad un apposito ricevitore GPS integrato nei dispositivi (naturalmente pagato da chi acquista il dispositivo). Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Divieto di condivisione. Questo standard permette di vietare la condivisione di un programma con altre persone che risiedono nella stessa abitazione od in altri contesti, attraverso la definizione di appositi “domini di autorizzazione”. Il DVB Project ha persino speso una quantità di tempo significativa per stabilire cosa deve essere dei DVD di una coppia in caso di divorzio! Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware.
Obbligo di aggiornamento dell'hardware. Questo standard permette di vietare la visione di un programma su dispositivi che il DVB Project ritiene non abbastanza fiscali nel rispetto dei suoi standard. Questo divieto non è aggirabile in nessun modo perchè implementato sia con dispositivi software che hardware e comporta la sostituzione del dispositivo, con i costi facilmente immaginabili.
Oscuramento dei canali liberi esistenti. In futuro, questo standard dovrebbe persino permettere di imporre la cifratura al momento della ricezione (cioè sul TV Tuner del salotto) dei programmi trasmessi in chiaro. In questo modo, sarà possibile applicare le limitazione esposte in precedenza persino ai programmi che il distributore ha deliberatamente deciso di distribuire in chiaro, senza alcuna limitazione. Si noti che il distributore, per legge, ha pagato per questo diritto ed ha firmato un contratto in cui questo diritto gli veniva riconosciuto. In alcuni casi, il distributore del programma potrebbe essere lo stesso proprietario dei diritti. In questo caso, il diritto dell'autore di divulgare senza limitazioni i suoi contenuti potrebbe venire negato da un dispositivo di ricezione che agisce secondo le specifiche del DVB Project!
NOTA: Tutti questi vincoli sono imposti attraverso un attento uso di dispositivi software e hardware, caratterizzati da un pesante uso di tecniche crittografiche, e quindi non possono essere aggirati, rimossi o invalidati nemmeno in linea di principio. Il sistema usato è concettualmente simile a quello usato dalla Microsoft XboX ma molto più avanzato e molto più robusto. Non illudetevi che questi sistemi di protezione vengano spazzati via dal primo ragazzino brufoloso di passaggio come è avvenuto per i CSS dei DVD. Questo non avverrà.
I DRM supportati dalla Legge
I membri del DVB Project sostengono che le tecnologie che hanno messo a punto sono destinate a proteggere i diritti legali dei produttori di contenuti. Questo però non è vero: nessuna legge nazionale o internazionale ha mai concesso ai produttori di contenuti multimediali e/o di dispositivi elettronici dei diritti così vasti per quanto riguarda il controllo sul modo in cui l'utente fruisce di questi contenuti e, di conseguenza sulla sua libertà individuale (e sul modo in cui nasce e si diffonde l'innovazione tecnologica). Né la Convenzione di Berna né le leggi nazionali sul diritto d'autore prevedono diritti così estesi.
Ad esempio, nessuna legge nazionale od internazionale riconosce al produttore di un film su DVD, od al produttore di un lettore DVD, il diritto di decidere dove , quando e da chi questo film su DVD possa essere visto. Eppure, come abbiamo appena visto, la tecnologia definita dal DVB Project prevede proprio che il produttore possa vietare la visione del film fuori dall'abitazione del cliente o persino in una stanza diversa da quella “abilitata” alla visione (cioè il dove questo prodotto viene consumato). Questa stessa tecnologia prevede anche che il produttore possa impedire la registrazione del film trasmesso in TV e la sua visione a posteriori (cioè il quando questo prodotto viene consumato). Addirittura, questa tecnologia cerca persino di definire chi, tra parenti ed amici, abbia il diritto di vedere il film insieme al cliente autorizzato. Nessuna legislazione ha mai riconosciuto ai produttori il diritto di controllare questi aspetti della fruizione di un prodotto e della vita privata del cliente.
Ad essere più precisi, nessuna legislazione esistente ha mai riconosciuto al produttore nemmeno il diritto di limitare la visione di un film ad un preciso mercato geografico, come già avviene per i DVD. Il cliente che acquita un DVD avrebbe, teoricamente, il pieno diritto di vedere il film in qualunque paese del mondo. I trattati internazionali sul diritto d'autore e le relative leggi nazionali non prevedono limiti geografici di questo tipo. Alcune legislazioni nazionali, tra cui quella USA e quella italiana, riconoscono il diritto del produttore di usare dispositivi hardware/software per difendere i loro prodotti dalla copia abusiva e per garantire i loro diritti commerciali ma non gli riconoscono ugualmente il diritto di limitare la fruibilità di un prodotto in un modo che eccede palesemente e largamente ciò che è previsto dalle leggi nazionali ed internazionali sul copyright.
Per questa ragione, il DVB Project ha messo a punto un piano per cambiare a proprio favore la legislazione internazionale e nazionale esistente. Questo piano consiste nella creazione di un insieme di strumenti tecnologici (il CPCM) e di metodologie di accettazione che dovranno servire come base per la futura legislazione. In particolare, l'insieme di tecnologie e di standard che il DVB Project sta creando, costringerà qualunque costruttore di dispositivi digitali a richiedere una certificazione legale e tecnologica prima che esso possa costruire o vendere dispositivi destinati a trattare contenuti multimediali di qualunque genere (film, musica, testi digitali, etc.).
Questo progetto è stato supportato negli Stati Uniti dal pesante lavoro di lobby politica portato avanti da RIAA ed MPAA per ottenere la promulgazione del Broadcast Flag Act di FCC del 2005. Questo lavoro di lobby sta continuando adesso, con energia immutata, sia presso il Governo USA sia presso il Governo dell'Unione Europea che presso il nostro Governo Nazionale. In Italia, queste organizzazioni sono già riuscite ad ottenere diverse iniziative di legge grazie al Governo Berlusconi, tra il 2001 ed il 2006. La più nota di queste leggi è stata il Decreto Urbani sul Peer-to-Peer.
Il risultato finale che il DVB Project, la RIAA e la MPAA intendono raggiungere è quello di avere delle leggi, internazionali e nazionali, che impongano ai produttori di dispositivi elettronici l'obbligo di aderire ai loro standard tecnologici prima di poter costruire e vendere dispositivi di (quasi) qualunque tipo. In questo modo, produrre e vendere dispositivi che non rispettino i loro strettissimi vincoli sarà illegale e, di fatto, impossibile. Naturalmente, questo vorrà dire, tra le altre cose, che l'accesso al mercato dei nuovi produttori sarà vincolato alla accettazione dei membri del DVB project, seguendo una logica tipicamente corporativa. I termini “innovazione tecnologica”, “concorrenza” e “libero mercato” saranno semplicemente spazzati via dal vocabolario (con grave danno per l'utente e per il suo portafogli).
Protezione della proprietà intellettuale e Censura
Come risulta ovvio persino da una analisi superficiale, questa tecnologia può essere usata con la stessa efficacia sia per difendere gli interessi economici dei fornitori di contenuti che per imporre una severa ed ineludibile forma di censura sui contenuti stessi.
Se il partito A, che si trova al potere, lo deciderà, il partito B, che si trova all'opposizione, semplicemente non potrà più far conoscere le sue opinioni in nessun modo tecnologicamente avanzato all'interno dei confini della nazione. Per denunciare le malefatte dei potenti, il partito B dovrà ricorrere al ciclostile ed al volantinaggio in un mondo popolato da telefoni cellulari multimediali e di connessioni ADSL.
Il cittadino che fosse interessato a conoscere le opnioni del partito politico B dovrebbe fare i conti con dispositivi elettronici che rispondono solamente al partito politico A, al potere. Il partito politico A potrebbe infatti mettere in atto la sua censura usando le stesse infrastrutture tecniche sviluppate dal DVB project per la difesa del “diritto d'autore”.
In nessun momento della sua storia l'Uomo ha mai dovuto confrontarsi con la possibilità di una censura così semplice da imporre e così impossibile da constrastare. In nessun momento della sua storia, l'Uomo ha mai dovuto confrontarsi con una tecnologia in grado di invadere in modo così devastante e così inarrestabile la sua sfera culturale e cognitiva.
Cosa succederà ora?
Attualmente, il DVB Project sta mettendo a punto la prima versione della sua Common Interface, cioè l'interfaccia a cui dovranno attenersi i dispositivi della prima generazione. Questa prima versione prevede solo che l'utente finale non abbia accesso a cose per le quali non ha pagato. La versione 2 di questo standard definirà invece che i dispositivi digitali debbano attenersi in tutto e per tutto al CPCM.
Una volta concluso il percorso di definizione degli standard tecnici, il DVB Project chiederà l'approvazione degli stessi al'ETSI (European Telecommunications Standards Institute).
Normalmente, le proposte di standard provenienti dall'industria vengono fatte proprie dall'ETSI dopo solo qualche ritocco cosmetico. Di conseguenza, è facile prevedere che tra pochissimi anni gli standard DVB avrenno una patina di valore legale nonostante il fatto che sono stati sviluppati da un consorzio di aziende nel chiuso dei loro uffici e badando solo agli interessi delle industrie stesse. Questa patina di valore legale servirà poi come base per una direttiva europea che, a sua volta, obbligherà i governi nazionali ad adottare questa tecnologia, e le leggi volute dal DVB Project, da MPAA e da RIAA come standard tecnici e leggi nazionali.
Che fare?
Nessuno dei vincoli previsti dallo standard DVB può essere aggirato, rimosso od invalidato neanche a livello teorico con l'uso di strumenti tecnici (modchip, crack od altro). Questo notevole risultato è ottenuto grazie al largo uso di dispositivi crittografici implementati in hardware, tra cui è ipotizzato anche l'uso del TPM usato dalle Trusted Platform (cioè il Fritz Chip della tecnologia Palladium).
Di conseguenza, l'unico modo di difendersi da questa aggressione tecnologica è la via politica: si deve riuscire ad impedire l'approvazione di questi standard, la loro accettazione sul piano legale, la produzione e lo smercio di questi dispositivi prima che sia troppo tardi.
Per ottenere questo risultato è necessario porre i nostri uomini politici nella posizione di non poter vendere il proprio voto alle aziende del settore senza essere poi costretti a fare i conti con il proprio elettorato.
Questa battaglia sarà molto dura a causa del fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini, e persino la stragrande maggioranza degli specialisti, ignora o sottovaluta enormemente il rischio rappresentato dalla rivoluzione digitale nella televisione.
Per questo motivo, è necessario dare la massima diffusione a queste notizie, ad esempio usando la tecnica del Google Bombing.
Il Google Bombing è una tecnica, del tutto legale e del tutto corretta, che consente di far apparire una certa pagina, chiamata “pagina target”, tra le prime voci elencate da Google quando l'utente cerca un determinato termine, chiamato “parola chiave”. Nel nostro caso, cercheremo di far apparire questa pagina che state leggendo tra le prime 10 voci elencate da Google quando l'utente cerca la parola chiave “Televisione Digitale”.
In questo modo speriamo di portare la minaccia del DVB project a conoscenza della maggior parte delle persone che si occupano, per un motivo o per l'altro, di televisione digitale. In particolare, speriamo di riuscire ad informare i giornalisti e le persone che agiscono come consiglieri tecnici dei politici.
Come aderire al nostro Google Bombing
Per favore, pubblicate un articolo su questo tema, anche di sole tre righe ma scritto di vostra mano, su un qualunque sito web a cui abbiate accesso. Inserite all'interno del vostro articolo un link a questa pagina.
Per favore usate come testo àncora (cioè come “parola chiave”) del link il termine “televisione digitale”.
L'URL di questa pagina è visibile nella address line del vostro browser, cioè nella riga che contiene l'indirizzo della pagina che state leggendo.
Orientativamente, il link risultante, visto come codice HTML, dovrebbe essere qualcosa come questo:Televisione Digitale
Questo codice HTML dovrebbe produrre un risultato come questo:
Televisione Digitale
Per favore, controllate nella address line del vostro browser di usare la URL giusta per raggiungere questa pagina.
Se proprio non sapete come fare, ripubblicate questa pagina così come la trovate, sul vostro sito. Questa pagina contiene già il link necessario per il Google Bombing (lo avete appena visto qui sopra). Questo documento è pubblicato sotto una apposita Licenza Creative Commonso in modo che lo possiate ripubblicare, inalterato, dovunque vogliate.
Potete usare a questo scopo anche un semplice blog gratuito, come quelli che potete creare a www.wordpress.com e www.blogger.com .
Che altro fare?
Per favore, diffondete questa notizia il più ampiamente possibile tra amici e conoscenti. Se potete farlo, pubblicate vostri articoli su questo tema sul web o, meglio ancora, sulla stampa cartacea. Se avete accesso ad una radio od una televisione, parlatene. Se conoscete qualche politico, informatelo della questione.
L'unica cosa che vi chiediamo è di non spedire messaggi su questo tema ad estranei (uomini politici o giornalisti) via e-mail o via posta tradizionale. Non c'è un motivo al mondo di infastidire in questo modo persone che conoscete solo di fama.
Licenza
Questo documento è pubblicato sotto Licenza Creative Commons di tipo “Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia”.
Puoi ri-pubblicare liberamente questa pagina sul tuo sito web o su un documento cartaceo, a condizione che non la modifichi e che non la usi a scopi commerciali.
Le fonti
Non stiamo delirando o, se stiamo delirando, siamo in buona compagnia. Le nostre fonti sono le seguenti.
http://www.dvb.org/index.xml
http://www.eff.org/IP/DVB/dvb_briefing_paper.php
http://www.eff.org/IP/broadcastflag/
http://www.eff.org/IP/broadcastflag/three_minute_guide.php
http://www.boingboing.net/2007/03/13/eff_reveals_plot_to_.html
http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1925073&r=PI
http://it.wikipedia.org/wiki/DVB
http://en.wikipedia.org/wiki/DVB
http://en.wikipedia.org/wiki/Broadcast_flag
http://it.wikipedia.org/wiki/Broadcast_flag
http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_d%27autore
http://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_di_Berna_per_la_protezione_delle_opere_letterarie_e_artistiche
Articolo di EE Times
http://defectivebydesign.org/
http://en.wikipedia.org/wiki/Defective_by_Design
Alessandro Bottoni
www.partito-pirata.it
alessandro.bottoni@infinito.it

05 March 2007

Fermiamo Windows Vista


Liberiamo l'Hardware
In questi giorni, la Free Software Foundation (FSF) ha lanciato una campagna per la liberazione dell'hardware. La trovate qui: The road for hardware free of restrictions
Siamo qui a chiedervi di appoggiare FSF e noi stessi in questa epica battaglia.
Da quando l'hardware è prigioniero e di chi?
La stragrande maggioranza degli utenti non può rendersene conto ma gran parte dei limiti e dei problemi con cui si scontra quotidianamente, nell'uso dei computer, è dovuto, direttamente o indirettamente, al fatto che i produttori di hardware mantengono un atteggiamento assurdamente territoriale attorno ai loro prodotti.
La questione dei Drivers
Ad esempio, i produttori di schede video (NVidia ed ATI in cima alla lista), si rifiutano categoricamente di rendere pubbliche le specifiche delle loro schede video e/o di rendere pubblico il sorgente dei loro driver software per timore che questo permetta ai loro concorrenti di carpire i loro segreti. Si noti che questi prodotti sono già protetti, in modo estremamente efficace, da legislazioni nazionali ed internazionali severissime e da eserciti di poliziotti. Se i governi nazionali ed internazionali mettessero nella lotta alla fame nel mondo lo stesso impegno che mettono nella difesa della cosidetta “proprietà intellettuale”, in Africa i bambini soffrirebbero di obesità. Non c'è quindi nessun reale motivo di mantenere segrete queste informazioni. Grazie a questo atteggiamento possessivo e paranoico dei produttori, il cliente che acquista e paga profumatamente una scheda video ottiene i seguenti “vantaggi”:
Non può usare la scheda video con un sistema operativo diverso da Microsoft Windows semplicemente perchè non sono disponibili i driver necessari. La casa madre non li produce per ragioni di marketing e nessun'altro può farlo a causa della assoluta assenza di documentazione tecnica. Questa è la principale ragione per cui Linux è in difficoltà con le schede video più moderne. Si tratta, di fatto, di una vera azione di sabotaggio nei confronti di un concorrente scomodo.
Se viene rilevato un problema nel codice dei driver o, peggio, una falla di sicurezza, l'utente deve aspettare i comodi della casa madre. Ci sono già stati casi in cui delle pericolose falle di sicurezza sono rimaste aperte per mesi prima che la casa madre si decidesse a rilasciare la relativa patch.
L'utente dipende dalle scelte della casa madre per quanto riguarda lo sfruttamento dell'hardware. Se la casa madre non rilascia gli aggiornamenti dei driver per il nuovo sistema operativo, l'utente è costretto a cambiare scheda. Se la casa madre decide di “castrare” artificiosamente le prestazioni di una scheda video per ragioni di marketing, l'utente è costretto a subire in silenzio.
Una situazione molto simile si verifica nel caso delle schede Wi-Fi. In questo caso, si è costretti ad utilizzare i driver proprietari esistenti, cioè quelli per Windows, da un “wrapper” Linux. Questa soluzione comporta delle pesanti perdite in termini di prestazioni e non risolve comunque il problema dell'accesso alla documentazione dell'hardware.
Ciò di cui il mondo ha veramente bisogno è una situazione in cui i produttori di hardware si comportano nel modo seguente.
I produttori dovrebbero pubblicare la documentazione tecnica dei loro prodotti hardware, in modo da permettere alle persone interessate di sviluppare driver e programmi. Questo permetterebbe di ridurre i costi di sviluppo dei driver e di avere aggiornamenti tempestivi in caso di problemi. Questa documentazione dovrebbe essere accessibile a chiunque e senza costi.
I produttori dovrebbero sviluppare in prima persona i driver per i sistemi operativi concorrenti di Microsoft Windows, o permettere ai volontari di farlo, in modo da non rendersi complici di una inaccettabile posizione di dominio sul mercato.
In generale, i driver dovrebbero essere rilasciati secondo il modello dell'Open Source, in modo da permettere che il codice venga esaminato e verificato da specialisti esterni e, se del caso, corretto per eliminare problemi e falle di sicurezza.
Negli anni scorsi, sono state avviate numerose petizioni per chiedere ai produttori di hardware di rilasciare le specifiche tecniche dei loro prodotti e/o i sorgenti dei loro driver. La più famosa di queste petizioni è reperibile qui: http://www.petitiononline.com/mod_perl/signed.cgi?zxcv7nm . La questione del BIOS Il BIOS è il programma che il computer esegue per caricare il sistema operativo. Solitamente risiede in una memoria ROM sulla motherboard. Alcuni produttori usano il BIOS per castrare artificiosamente i loro sistemi, ad esempio per fare in modo che accettino solo schede di espansione e ricambi prodotti da loro stessi. Questo impone al cliente di spendere più soldi per aggiornare il suo hardware e gli impedisce di avvantaggiarsi della vastissima offerta di hardware presente sul mercato. Questo comportamento rappresenta anche un evidente caso di sabotaggio nei confronti della concorrenza e del libero mercato. Per cambiare questo stato di cose, sono state lanciate alcune iniziative tese a sviluppare ed a diffondere dei tipi di BIOS, libero e gratuito, prodotti da gruppi di volontari e quindi non utilizzabili per questi sorditi scopi. Uno dei casi più famosi di BIOS libero è LinuxBIOS. Lo trovate a questo indirizzo: http://linuxbios.org/ . La “Tassa Microsoft” Di fatto, la totalità dei computer venduti sul mercato contiene una copia di Microsoft Windows preinstallata. L'abitudine di fornire i PC con il sistema operativo può sembrare una buona abitudine ma ha le seguenti conseguenze.
L'utente paga, senza rendersene conto, diverse decine di euro per questa copia del sistema operativo. Si noti che esistono diversi sistemi operativi che possono rimpiazzare in tutto e per tutto Microsoft Windows e che non costano assolutamente nulla. Tra i più noti possiamo citare Linux e FreeBSD. Addirittura, dal 2005 è disponibile gratuitamente Solaris, il sistema operativo di Sun, considerato da quasi tutti gli osservatori uno dei migliori mai realizzati ed usato abitualmente su workstation professionali per la grafica come pure su server industriali.
L'utente viene legato ad un sistema operativo proprietario sia a causa della compatibilità del software che a causa della conoscenza che matura su di esso. Non è certo un caso se la stragrande maggioranza degli utenti è convinta che Windows sia più facile da usare di altri sistemi operativi o che il software di loro interesse giri solo su Windows. Queste due convinzioni sono entrambe false ma l'utente medio non lo può sapere a causa della sua cultura completamente Microsoft-centrica.
Per queste ragioni, i produttori di computer dovrebbero permettere al cliente di scegliere quale sistema operativo avere pre-installato sul PC che acquistano. Le scelte che sono tecnicamente possibili, già da almeno 10 anni, sono le seguenti.
Nessun sistema operativo
Microsoft Windows
Linux (una qualunque tra oltre 400 distribuzioni disponibili)
Vari tipi di BSD (FreeBSD, OpenBSD, NetBSD)
OpenSolaris
Tutti i precedenti. Si, perchè su uno stesso PC è possibile avere più sistemi operativi nello stesso momento ed usare quello che si vuole di volta in volta.
I Sistemi DRM Molti produttori di hardware, tra cui Intel, AMD e diversi produttori di schede audio/video stanno approffittando della loro posizione di dominio sul mercato per inserire nei loro prodotti dei sistemi DRM sostanzialmente inviolabili. Questi sistemi permettono di imporre la volontà di un fornitore di software o di prodotti mulimediali, o persino quella di un governo, all'utente. Esistono già diversi movimenti che si oppongono a questa evoluzione liberticida del mercato, tra cui i seguenti.
Potete ottenere le informazioni necessarie per entrare a far parte di questi movimenti visitando le loro pagine. Cosa si può fare, di più? Potete partecipare al nostro Google Bombing. Il Google Bombing è una tecnica che permette di mettere in risalto una notizia su internet portandola ai primi posti nei risultati delle ricerche di Google. Per partecipare al nostro Google Bombing è sufficiente che pubblichiate una pagina qualunque sul web e che inseriate nella vostra pagina un link alla pagina che state leggendo in questo momento. Il link che porta a questa pagina è il seguente: Liberiamo l'Hardware
In pratica, è sufficiente ri-pubblicare questa stessa pagina su uno qualunque dei siti web a cui avete accesso. Questa pagina contiene già il link necessario per il Google Bombing ed è pubblicata sotto licenza Creative Commons proprio a questo scopo.
Alessandro Bottoni

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28 February 2007

sciopero degli acquisti

Copyright,cultura libera,privacy

nave pirata

il Partito - Pirata Italiano

si associa alle iniziative di SCIOPERO

degli acquisti indetto negli U.S.A. da Gizmodo nei confronti della RIAA ed invita pertanto ad astenersi dagli acquisti di brani musicali o filmati video protetti dalla SIAE per tutto il mese di Marzo.

Le iniziative della SIAE per lo sfruttamento della cultura a beneficio degli editori piuttosto che degli autori devono essere ridimensionate.

A sostegno di una sensibilizzazione politica sul problema, l'unico modo di farsi valere, come fruitori, è di toccare i detentori dei diritti, che sono ormai considerati dinastici, nel portafoglio.

Per il mese di Marzo asteniamoci quindi dall'acquisto di qualsiasi brano audio/video protetto dalla SIAE.

Ricordiamo inoltre che Grazia Deledda e Luigi Pirandello sono ora liberi dalle royalty e quindi invitiamo a non versare alcun balzello alla SIAE per la rappresentazione teatrale delle opere di tali autori che sono finalmente patrimonio comune di tutta l'umanità.

Alle Associazioni di consumatori chiediamo di aderire all'iniziativa affinché si possa finalmente dibattere su una più equa ripartizione dei diritti e dei doveri di chi specula sulla cultura e di chi alla cultura ha diritto.

16 January 2007

Liberate il WiMAX

Liberate il Wi-MAX

Introduzione

Se siete interessati al Wi-Fi od al Wi-MAX, e vedete in queste tecnologie la possibilità di portare Internet là dove finora non è potuta arrivare, allora aiutateci: queste tecnologie stanno per esserci scippate dai soliti oligopolisti ed il nostro sogno di libertà potrebbe svanire in una nuvola di fumo.

Wi-Fi e Wi-MAX come strumento di libertà

Fino ad oggi, per collegare un nuovo utente ad Internet è sempre stato necessario fare arrivare fino a casa sua un cavo in rame (come quello del telefono) od in fibra ottica. Questo vuol dire che per collegare ad Internet un cittadino che abiti lontano dai principali punti di accesso ad Internet può essere necessario stendere chilometri di cavo e spendere cifre esorbitanti. Per questo motivo, quasi tutta la popolazione italiana che vive lontano dalle grandi città è sempre rimasta esclusa da questa tecnologia e da tutti i vantaggi che essa comporta (ad esempio l'abbattimento dei costi di comunicazione voce che sono resi possibili dall'uso di sistemi VoIP come Skype o Gizmo).

La necessità di stendere del cavo ha creato dei problemi enormi anche a chi abita in città. Dato che stendere nuovi cavi in città comporta dei lavori di costo molto elevato (ottenere licenze, spaccare strade, stendere cavi, chiudere strade, etc.), in pratica tutti gli operatori, tranne Fastweb, si limitano a noleggiare i cavi esistenti da Telecom. Telecom sa di agire in regime di monopolio e fa i prezzi che vuole, a tutto svantaggio del mercato.

Una prima soluzione a questo problema è stato l'uso di sistemi Wi-Fi. Con questa tecnologia sono già state collegate ad Internet intere città, come San Francisco e Bologna, ed intere vallate, anche in Italia. Il Wi-Fi, tuttavia, soffre di alcune limitazioni tecniche che ne impediscono l'uso su distanze “geografiche” (diciamo, oltre il chilometro di distanza, per intenderci) e con bacini di utenza di dimensioni “metropolitane” (una piccola città od un grosso paese).

L'evoluzione del Wi-Fi nella direzione delle applicazioni “geografiche” e “metropolitane” è un nuovo standard noto come Wi-MAX. Questo standard permette di coprire una intera vallata alpina con un singolo ripetitore e di accontentare tutti i suoi abitanti.

Sfortunatamente, le frequenze usate da Wi-MAX sono di proprietà dell'esercito e solo a Dicembre 2006 si è raggiunto un accordo per liberalizzarle. Ora si pensa di assegnarle agli operatori commerciali con delle aste pubbliche molto simili a quelle usate per assegnare le frequenze dell'UMTS.

Perchè le aste sono una idea sbagliata?

Il caso dell'UMTS ha reso evidente il motivo per cui mettere all'asta le frequenze è una pessima idea: gli alti costi dell'asta devono poi essere scaricati sull'utente finale e, di conseguenza, trasformano in un prodotto di lusso, accessibile a pochi privilegiati, quella che avrebbe dovuto essere una soluzione tecnica destinata ad abbattere i costi di connessione ed a favorire i meno abbienti.

Non solo, questa situazione esclude dal mercato i piccoli operatori e, di conseguenza, rinforza ulteriormente la posizione di mercato ed i privilegi delle grandi aziende del settore.

Il fardello storico dell'UMTS

Nonostante il fatto che le aste siano una idea palesemente sbagliata, è molto probabile che venga intrapresa ugualmente questa strada per assegnare le frequenze del Wi-MAX. Il motivo è ovvio: se si liberalizzasse l'accesso alle frequenze del Wi-MAX, chiunque, con pochi soldi, potrebbe fare concorrenza alle grandi aziende che operano nel settore della telefonia e che usano lo standard UMTS. Queste aziende hanno pagato decine di milioni di euro per avere quelle frequenze e non vogliono certo vedersi rubare il mercato dai primi arrivati.

A questo punto, è chiaro che gli interessi di queste aziende sono palesemente in contrasto con gli interessi della comunità e dei consumatori. Di conseguenza, è necessario far sentire la propria voce per impedire che, ancora una volta, sia il più debole a dover soccombere.

Una modesta proposta

Una soluzione corretta ed intelligente al problema delle assegnazione delle frequenze esiste da tempo ed è già usata nella vita quotidiana: è la stessa soluzione legale usata per evitare la proliferazione delle antenne paraboliche sui tetti dei condomini.

Come probabilmente saprete, la legge prevede che non si possa (non si potrebbe...) installare liberamente una antenna parabolica sul tetto del palazzo se già esiste un impianto analogo. La legge prevede che il secondo arrivato abbia il diritto a collegarsi all'antenna esistente a patto che non crei problemi al proprietario e che gli versi una parte della cifra spesa per l'installazione dell'antenna, diciamo il 50%.

Quando viene applicata al Wi-MAX, questa soluzione funziona nel modo seguente.

  1. Il primo operatore che vuole coprire una certa area installa a sue spese l'antenna ed i ripetitori. Questi ripetitori usano una o più frequenze, scelte tra quelle disponibili.

  2. Chi arriva per secondo, ha il diritto (previsto per legge) di usare la stessa antenna, gli stessi ripetitori e le stesse frequenze per offrire lo stesso servizio ai suoi utenti. Ovviamente, è tenuto a pagare il 50% dei costi dell'antenna e dei ripetitori a chi l'ha installata. Il secondo arrivato è anche tenuto a non creare problemi a chi ha installato l'antenna ed i ripetitori. Di conseguenza, se il traffico che produce è tale da creare problemi, deve installare altri ripetitori a sue spese.

In questo modo è possibile servire una certa zona con una sola antenna che viene usata e condivisa da più operatori, massimizzando lo sfruttamento delle frequenze e degli impianti, senza ricorrere a meccanismi di assegnazione di tipo economico (aste) che favorirebbero i più forti.

La suddivisione del traffico tra i diversi operatori può avvenire a valle dell'antenna, sulla rete digitale, esattamente come avviene da tempo per la condivisione dello stesso cavo in rame tra i diversi operatori della telefonia.

Che fare?

Informatevi su questi temi. Maturate una vostra opinione. Diffondete le informazioni che avete raccolto e le opinioni che avete maturato. Solo la presenza di milioni di testimoni come voi, attenti e tecnicamente competenti, può costringere i nostri politici a rendere conto del loro operato e, di conseguenza, ad agire veramente nell'interesse della comunità e dei singoli cittadini/consumatori. Solo in questo modo si può evitare che vengano ulteriormente rafforzati i privilegi degli oligopolisti già esistenti.

Se potete, aiutateci in questo Google Bombing. Create una pagina web in cui parlate di Wi-Fi, di Wi-MAX o di altre tecnologie affini ed inserite da qualche parte un link HTML come questo:

http://www.partito-pirata.it/?q=node/49”>Wi-MAX

Oppure come questo (che linka la sola pagina, non il sito del Partito Pirata):

"http://www.partito-pirata.it/liberate_il_WIMAX.html">Wi-MAX

Se il numero di link di questo tipo sarà abbastanza alto, chiunque cercherà il termine Wi-MAX su Google nei prossimi mesi finirà per inciampare in questa pagina e sarà quasi costretto a conoscere le nostre opinioni su questo delicato tema. La nostra speranza è che leggano questo documento anche le persone che dovranno prendere decisioni in merito (politici e loro consulenti) e chi dovrà presentarle al pubblico (giornalisti).

Per qualunque necessità, potete contattarci attraverso la nostra mailing list:

http://www.piratpartiet.it/iscrizione.php

18 July 2006

PiratPartiet punto IT

Piratpartiet, il sito italiano che tende a formare un movimento di pressione per modificare le attuali leggi sul diritto d'autore e il libero accesso alla cultura, ha allacciato contatti con i partiti che si stanno formando sulle analoghe iniziative in Svezia, America, Francia, Inghilterra, Belgio e Austria. L'intento è di formare un movimento unico che, pur operando nei singoli paesi, persegua obiettivi comuni. La speranza è che le sinergie tra i vari paesi rafforzi i singoli movimenti che, pur autonomi, in buona parte fanno parte della Comunità Europea organo legislativo sovranazionale.
http://www.piratpartiet.it

01 July 2006

La nostra società

Viviamo in un'epoca di transizione.
Dall'industrializzazione siamo passati all'automatizzazione, il passaggio ha visto cambiare la nostra società da agricola a industriale ed ora si stà trasformando in una società di servizi.
Per un cittadino che produce ce ne sono 10 che svolgono su e per quella produzione un mare di servizi.
Certamente è un sistema di distribuzione del reddito e funzionerebbe se non ci fossero posizioni di potere fra i vari passaggi, posizioni di potere che permettono speculazioni e ad alcuni cittadini nella catena di arricchirsi a spese degli altri componenti la catena stessa.
Evidentemente in questa società automatizzata non è più necessario che il singolo cittadino produca, ci pensano le macchine, ma è necessario che il reddito sia equamente distribuito affinchè l'accesso al prodotto sia possibile per tutti.
Ovviamente è anche indispensabile che nasca una cultura del necessario e non del superfluo verso cui ci stanno spingendo quegli anelli della catena che speculano sul sistema.
La spirale verso cui ci stanno spingendo i massmedia è l'ipotesi che solo il consumo giustifica la produzione che a sua volta distribuisce il reddito permettendo fra i vari passaggi di drenare nuovamente il denaro in modo tale da mantenere il livello di benessere appariscente ed effimero.
In sostanza non è più la necessità a far sorgere la domanda ma le esigenze del mercato supportato dalla pubblicità ovviamente.
Si entra così in una spirale che vede il consumo spinto sempre più sul superfluo mentre chi rimane fuori dalla catena non ha nemmeno il necessario.
La tecnologia è spinta non più verso il nuovo ma bensì ad insinuarsi fra le maglie della catena in modo che sia possibile il drenaggio del denaro mediante un controllo sempre più invasivo della libertà individuale sicchè si assiste allo sviluppo incontrollato dell'uso più che del possesso, ne è una prova la licenza che viene sottoscritta quando si acquista software, in teoria si potrebbe arrivare al punto che la softerhouse ci potrebbe denunciare per interruzione unilaterale del contratto nel caso decidessimo di disistallare il programma prima della scadenza fissata.
Se è pur vero che un bene preso in affitto non lo possediamo è pur vero che fintanto si paghi il
corrispettivo legalmente possiamo disporne in veci del proprietario e solo al momento della restituzione se il bene è danneggiato si risponde del dannoprovocato; quindi nel caso di reverse engenering non si può, moralmente, ritenerlo un reato in quanto è la medesima cosa che io acquisti una televisione e la smonti pezzo per pezzo.